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Titel
Lavoro in movimento. L’emigrazione italiana in Europa 1945- 1957.


Autor(en)
Colucci, Michele
Erschienen
Roma 2008: Donzelli Editore
Anzahl Seiten
258 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Sonia Castro

Il volume di Michele Colucci costituisce la rielaborazione di una tesi di dottorato discussa all’Università della Tuscia di viterbo e dedicata all’emigrazione italiana in Europa nel secondo dopoguerra. L’arco cronologico prescelto è quello compreso tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1957, anno in cui furono siglati a Roma i trattati istitutivi della Comunità Economica Europea, che diedero avvio alla graduale costruzione del Mercato unico europeo e quindi alla creazione di un’area di libero scambio tra i paesi che man mano vi aderirono.

Con un approccio innovativo, sia per la tipologia delle fonti analizzate, sia per l’ottica adottata, la ricerca si propone di chiarire una serie di interrogativi inerenti alla tematica studiata: dalla nascita di una politica migratoria che coinvolse sia i paesi esportatori di manodopera, sia quelli importatori di forzalavoro alle istituzioni preposte alla gestione e al controllo del flusso migratorio in entrata e in uscita, dalle reazioni e le pratiche di accoglienza messe in moto nei paesi ricettivi di manodopera alle caratteristiche quantitative del fenomeno. I contributi piú originali offerti dal volume sono quelli relativi alla studio della politica migratoria, ambito finora poco studiato, spesso a vantaggio di una rappresentazione dell’emigrazione soggettiva e basata su fonti orali o di tipo memorialistico. Grazie all’esame dei fondi conservati presso l’Archivio centrale dello Stato e in particolare di quelli relativi all’Archivio del Ministero del lavoro e della Previdenza sociale, Colucci ricostruisce con efficacia i primi passi dell’avvio di una politica migratoria da parte della classe dirigente italiana e le modalità con cui quest’ultima tentò di promoverla nei paesi euopei, fungendo da vero e proprio battistrada per l’emigrazione di massa del secondo dopoguerra.

Il saggio prende le mosse illustrando i dati statistici relativi all’emigrazione italiana in Europa nel periodo studiato e ripercorrendo il dibattito storiografico che ha accompagnato l’evoluzione del fenomeno. Il secondo capitolo mette in luce il dibattito politico italiano che precedette la firma degli accordi bilaterali con i paesi europei e la dialettica che si verificò tra le diverse istituzioni circa l’attribuzione delle compenteze nella gestione del flusso migratorio, come quella venutasi a creare tra il Ministero degli esteri e quello del lavoro. Il terzo capitolo ricostruisce il percorso che gli aspiranti emigranti erano tenuti a seguire in italia prima dell’espatrio, dalla creazione degli uffici del lavoro nel settembre del 1943, gestiti dagli alleati e dai Comitati di liberazione Nazionale, poi passati alle dipendenze del Ministero del lavoro, alle modalità di reclutamento e ai centri di emigrazione, creati nel 1948 con lo scopo di provvedere all’assistenza degli emigranti, fino al passaggio alla frontiera. Il quarto ed ultimo capitolo è dedicato, infine, alla nascita dei primi accordi bilaterali in materia di migrazione avviati, non appena conclusa la guerra, con Belgio, Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Cecoslovacchia e Germania Federale. Rappresentando una rottura con il passato, la pratica degli accordi bilaterali, non piú improntati alla reciprocità, rappresentò lo strumento principale attraverso cui l’italia e in seguito gli altri paesi, gettarono le basi per l’emigrazione in Europa del secondo dopoguerra. L’emigrazione cessava quindi di essere un fenomeno spontaneo per divenire una questione gestita dall’alto, sempre piú al centro dell’attenzione degli Stati per i suoi caratteri diplomatici, politici, economici e sindacali.

L’autore avanza nelle ultime pagine del volume alcune considerazioni conclusive sui diversi aspetti studiati. Sul versante degli emigrati la prima considerazione che emerge è quella relativa alle caratteristiche dei lavoratori: si tratta per lo piú di lavoratori specializzati, in possesso di un contratto di lavoro già prima dell’espatrio e che si dirigevano verso un paese con cui avevano preso contatto attraverso le strutture preposte alla gestione e all’assistenza del flusso migratorio. Una volta giunti nel paese ospite, gli emigranti erano spesso soggetti a condizioni lavorative peggiori rispetto a quelle dei lavoratori indigeni. Il sistema della rotazione adottato in Svizzera e imperniato su una serie di permessi di soggiorno di diversa durata e tipologia rappresentò in questo senso un modello anche per altri Stati.

Le dinamiche che si vennero a creare nelle negoziazioni bilaterali che precedettero gli accordi presentarono in linea generale alcune caratteristiche costanti: da un lato l’esigenza dei paesi importatori di manodopera di ottenere un flusso di lavoratori commisurato al proprio fabbisogno e di garantire una protezione dei lavoratori autoctoni; dall’altro il tentativo dell’italia di conseguire uno sbocco in Europa quanto piú ampio possibile per le centinaia di migliaia di lavoratori disoccupati, che costituivano una priorità soprattutto per gli effetti sull’equilibrio politico e sociale del paese. L’autore sostiene che il peso negoziale dell’italia nel contesto internazionale rimase estremamente debole e «contribuí a diffondere nel paese un clima di sfiducia generale verso l’emigrazione» (p. 229). Da un punto di vista economico, l’emigrazione in Europa – scrive Colucci – «contribuí solo marginalmente a ridimensionare la disoccupazione italiana; dal punto di vista politico creò problemi nuovi che si affiancarono a quelli vecchi» (p. 231).

Per quanto riguarda la Svizzera, nel caso specifico, Colucci affronta lo studio della questione sulla base essenzialmente di documenti conservati nell’Archivio del Ministero del lavoro italiano e in particolare nei fondi della Direzione generale del collocamento della manodopera. I rapporti inviati puntualmente dall’allora ministro plenipotenziario italiano a Berna, Egidio Reale, al ministero italiano misero in evidenza tutta una serie di questioni che, nonostante la firma dell’accordo sull’emigrazione nel giugno del 1948, rappresentarono negli anni successivi i punti di maggiore attrito nelle relazioni bilaterali tra i due paesi: la volontà da parte della legazione italiana di assumere quanto piú possibile la gestione e il controllo del flusso migratorio, da un lato, e, dall’altro, i tentativi da parte delle autorità elvetiche, spinte dai datori di lavoro, di aggirare l’iter burocratico, causa di lentezza nello svolgimento delle trattative necessarie al reclutamento degli immigrati. Oltre all’ampliamento delle compenteze statali nella gestione dell’emigrazione, le autorità italiane dovettero confrontarsi con una serie di problemi relativi al trattamento dei lavoratori italiani nel territorio elvetico, come le ondate di denunce ai danni dei lavoratori agricoli italiani e le espulsioni per motivi politici, culminate nella retata di arresti ed espulsioni scattata il 1º giugno del 1955 tra i militanti della Federazione di lingua italiana del Partito svizzero del lavoro, cui seguirono nei mesi successivi numerosi licenziamenti.

Il volume mostra anche come nell’ambito degli studi sull’emigrazione e nel caso dell’italia un lavoro basato sullo studio delle fonti diplomatiche e ufficiali, come quello avviato da diversi anni da Mauro Cerutti con riferimento a quelle elvetiche, offra contributi originali e promettenti anche in relazione all’esame delle relazioni bilaterali tra i due paesi coinvolti nel processo migratorio. Un bilancio definitivo dell’emigrazione italiana in Europa attende ancora di essere elaborato e dovrebbe abbracciare un arco cronologico che oltrepassi il primo decennio postbellico, per estendersi almeno fino agli anni Settanta del Novecento, decennio che sia per la crisi economica del 1973, sia per l’arrivo di nuove ondate di emigranti verso i paesi europei, costituisce uno spartiacque tra due epoche. Anche sul versante delle fonti, una trattazione organica della tematica richiederebbe l’intreccio tra documenti provenienti da diversi paesi nel tentativo di assumere un’ottica che si riveli anch’essa bilaterale o transnazionale, come il fenomeno studiato.

Quello delle politiche migratorie è infatti un capitolo della storia europea contemporanea ancora da scrivere e che, di fronte ai problemi nuovi dettati dai flussi migratori e a cui sono oggi confrontati gli Stati – siano essi vecchi paesi di emigrazioni o di immigrazione – assume caratteri di attualità, suscitando perciò un rinnovato interesse da parte degli storici.

Citation:
Sonia Castro: Rezension zu: Michele Colucci, Lavoro in movimento. L’emigrazione italiana in Europa 1945- 1957, Roma, Donzelli, 2008. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Nr. 147, 2010, S. 169-170.

Redaktion
Veröffentlicht am
17.10.2011
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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